Reggio Emilia città del welfare culturale

È stata pubblicata nei giorni scorsi un’importante ricerca dell’Università di Bologna e Urbino (Cultural Welfare Ecosystems for Wellbeing: mapping semantics and practices, co-designing tools and raising awareness) che indaga gli ecosistemi culturali come ambienti facilitanti pratiche e processi di welfare culturale, unendo attori, risorse e pratiche per generare benessere, inclusione e partecipazione.
Nella ricerca emerge come la città di Reggio Emilia sia un esempio virtuoso di ecosistema collaborativo orientato al community building, attraverso la cultura. Il sistema collaborativo reggiano si profila infatti come una rete coesa di soggetti, da istituzioni culturali come Fondazione Palazzo Magnani e Aterballetto a realtà del welfare come Farmacie Comunali Riunite che, in concerto con l’Amministrazione Comunale, hanno promosso negli anni numerosi progetti di welfare culturale all’interno di “Città Senza Barriere”, a partire dal 2015.

L’ecosistema analizzato – si legge nell’articolo – ha generato un approccio generativo e sistemico al welfare culturale. La progettazione di percorsi di welfare culturale è continuativa e strutturale nel tempo ed essa è riconosciuta come parte integrante del welfare di comunità, esteso a tutta la cittadinanza. Dalle interviste è emersa una sorta di serendipity, tanto che alcune esperienze nate per bisogni specifici (come la disabilità) si sono rivelate utili anche per altri pubblici (come i richiedenti asilo), seguendo una logica universale di inclusione.

Un ruolo molto importante in questo sistema va riconosciuto proprio a Farmacie Comunali Riunite, che grazie ai percorsi di formazione degli operatori sociali, ha permesso di integrare l’arte nel lavoro quotidiano come strumento di osservazione, cura e relazione. In tal senso l’arte, anche dal punto di vista degli operatori del sociale, è vissuta come pratica trasfromativa e non solo come fruizione.
All’interno dell’ecosistema reggiano, la cultura è riconosciuta come un diritto universale e l’arte contemporanea viene interpretata come un potente dispositivo per attivare immaginari, stimolare l’inclusione e rafforzare il senso di appartenenza. 
La cultura – continua l’articolo – viene riconosciuta come un diritto universale, capace di generare risposte innovative a bisogni di varia natura. In particolare l’enfasi viene data all’arte contemporanea come un potente dispositivo per ingenerare partecipazione sociale e creare nuovi immaginari. La stessa offerta culturale, nell’ottica dell’ecosistema, è pensata per costruire nuove narrazioni condivise e per esplorare emozioni, fragilità e sogni, trasformando luoghi culturali come musei e teatri in spazi di dialogo, presidi di comunità, accessibili, sia dal punto di vista fisico, che psicologico che sensoriale, rendendo l’inclusione una pratica quotidiana.
Maggiori informazioni: https://site.unibo.it/cultural-welfare-ecosystems-wellbeing/it/progetto